giovedì 29 novembre 2007

Si Sienne m'était contée - episodio II







Molto probabilmente Federigo Tozzi non ha bisogno di presentazioni, e conto tracciarne un semplice profilo su questi schermi prossimamente. Nato a Siena nel 1883, ma morto a Roma nel 1920, fu cantore inspirato della propria città, cui era legato da un sentimento ambivalente. Questo divertente brano è tratto da Bestie (Roma, 1916), sorta di zibaldone a-filsofico (e in questo significativo di un'ascendenza leopardiana tutta formale) e procedente per previ quadretti di impressionistica vivacità .



La descrizione delle strade della Contrada dell'Oca, con il loro precipitoso moto discensivo, e del fossato di Fontebranda, schiacciato tra il salto che regge Vallepiatta e la parete di tufo culminante in San Domenico, mi ricorda una passeggiata fatta in un giorno piovoso di Maggio, quando dovetti trovare riparo sotto gli archi della fonte. La pioggia cadeva tanto copiosa che a malapena riuscivo ad intravedere la cupola bronzea e il campanile del Duomo. Anzi, tanto in alto paiono, quella cupola e quel campanile, che, in parte offuscati, sembravano librarsi per aria per contrastare la caduta della pioggia stessa.



E poi da questa pagina s'immaginano cose antiche e rimosse: che gli archi della fonte recavano inferriate, che le donne dell'Oca, e non solo suppongo, vi lavavano i panni mentre le pelli degli animali abbattuti nei vicini macelli seccavano appese alle conce.







Una strada scende: anche un'altra scende e le viene incontro: si fermano insieme. Dalla prima, a metà, se ne parte un'altra, più bassa, che fa lo stesso.

Su la prima se ne butta un'altra; poi la prima e la seconda, dopo la fermata, se ne vanno giù insieme e a un certo punto incontrano quella più bassa di tutte. Altre strade la tagliano e scendono. Le case hanno paura a stare ritte tra questi precipizii e si toccano con i tetti pendenti. Ma anche i tetti, a pendere così, non potrebbero cadere tutti giù?

Le case, per fortuna, sono soltanto a due o tre piani; e la gente, alle finestre, ha l'aria di far loro contropeso; perché non seguitino ad andare più in giù, verso la Porta Fontebranda, da dove certo non passerebbero essendo così stretta. Le vie della città guardano queste quasi per scendere loro addosso; con la Cattedrale nel mezzo e San Domenico sopra il tufo giallo. Ma la Fontebranda è già ficcata giù sotto terra, e i macelli se ne stanno stretti stretti rasente la balza che regge metà di Siena. La vasca natatoria è verdastra dietro le punte nere e taglienti del suo cancello; i lavatoi hanno l'acqua saponata; gli archi delle conce piene di cuoia ad asciugare. Quanta solitudine e quanto silenzio anche con il vocìo delle donne e dei ragazzi! Quando le donne di Fontebranda cantano, con quelle cadenza d'una stanchezza tanto dolce!

E' un silenzio che sta lì come le case, quasi assurdo. E perché quel cadere perpetuo dei tetti insieme con le strade?

Non si ha, al contrario, il senso che le strade salgano: si sente soltanto la discesa fatta in fretta , con ansia: e dal punto più basso anche il meriggio è così lontano che resta soltanto per gli altri rioni di Siena.


Nessun commento: